Dalla tragedia sembra proprio nascere la tragedia: la persecuzione di un popolo conduce all’emigrazion dei giovani, e l’emigrazione dei giovani alla solitudine dei vecchi, la solitudine dei vecchi all’angoscia dei giovani. «Sono abbandonata», scrive la madre del poeta, «hanno rotto la porta, svuotato dispensa».
Ma la conclusione è un inno alla vita: alla forte, vecchia donna fa compagnia uno splendido ariete, che lei alleva per sacrificarlo con le sue mani al ritorno del figlio.
Siobhan Nash-Marshall
Mia madre scrive: «Oh mio figlio emigrato,
fino a quando dovrai passare i tuoi giorni
sotto una luna sconosciuta, fino a quando
non potro stringere la tua testa al mio petto caldo?
Devono smettere i tuoi piedi, che un giorno scaldai fra le mie palme,
di salire per scale straniere,
deve smettere il tuo cuore dove ho svuotato le mie mammelle,
di deperire fuori dal mio cuore.
Si sono stancate le mie braccia sforzate:
tesso anche la mia sindone coi miei capelli bianchi:
ah, ti vedano una volta i miei occhi, e poi che chiudano
anche la mia anima in quel lenzuolo.
Siedo sempre trista davanti alla porta,
chiedo notizie di te a ogni gru che passa:
quel ramo di salice, che hai piantato con le tue mani,
su di me fa ombra.
Ogni sera aspetto invano il tuo ritorno:
vengono e vanno i valorosi del villaggio:
il contadino passa, passa il bovaro fiero: -
io rimango sola con la luna.
Sono abbandonata nella casa in rovina,
qualche volta ho sete della tomba, sempre del mio focolare: -
simile a una tartaruga morente, con l’intestino
ancora attaccato al guscio spezzato.
Torna, figlio, fa’ rifiorire la casa paterna: -
hanno rotto la porta, svuotato la dispensa:
entrano per la finestra infranta
tutte le rondini della primavera.
Del grande gregge nella stalla, peccato,
è rimasto solo un ariete coraggioso;
sua madre un giorno – ricordi, figlio – ancora agnella
mangiò l’orzo nella tua palma.
Io nutro la sua coda fiorente
con la pula del riso, con il ricco trifoglio:
col pettine di bosso pettino la sua lana fine: -
è una vittima preziosa.
Al tuo ritorno, con la testa cinta di rose,
lo scannerò per la tua vita giovane:
nel suo sangue laverò, dolce figliolo,
i tuoi piedi affaticati da emigrato».
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