MODA VËNO
Traduzione letterale della poesia apparsa sul numero precedente.
LO SCOIATTOLO E LA LEPRE
«Toh, chi si vede, zia lepre
t'avevo scambiata per la volpe
di colpo m'è salita la febbre
e stavo per fare un sobbalzo».
“È per me un grande piacere incontrarti,
ho da fare allenamento
tutti i giorni senza riposarmi,
prendo fiato solo un po' qui nel piano.
Parto al mattino presto
mi distrigo fra i cespugli
salto dopo salto ai cento all'ora
mi pizzichi chi ne è capace.
Cani, volpi non mi spaventano
so fermarmi, so partire di scatto
temo solo il cacciatore:
quello mi vuole per il suo pranzo».
«Ed io pur ho sullo stomaco
coloro che sparano nei nidi
come se avessimo la pelle d'oro,
essi ti colpiscono mentre dormi.
Per il resto non mi lamento
ci sono noci, nocciole;
se scendo un po' più in basso
trovo persino delle castagne.
Quando s'avvicina la neve
getto via piatti e mestolo
poiché so che da mangiare
mi restan solo le bacche delle rose canine.
Vado a dormire fra erbe soffici e morbide
ove mi riposo a volontà
ho il mio letto sopra un ramo
del larice più alto».
«Ben più duro è per me l'inverno
mio bel scoiattolo, così ben vestito!
io debbo dormir ad occhi aperti
oppur fuggir da disperata.
Arrampicati che io me la batto
dopo il brutto verrà i1 bello:
facciam vedere senza tante parole
quanta è cara la nostra pelle».
ERRATA CORRIGE
La nostra risaputa "non professionalità" nel redigere questa bollettino e l’affannosa rincorsa per rispettare i tempi prestabiliti per la consegna dei testi hanno lasciato spazio ad alcuni errori ed imperfezioni.
Ormai che le regole dettate da Gino acquisiscono familiarità supponiamo che a nessuno sia sfuggito l'errore del titolo: Sëhat invece di sëthat
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nella IV strofa si e riscontrato: li ni invece di gli ni
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nella VII: dlathét invece di dlathéth
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nella penultima riga: vèth invece di véth
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nell'ultima riga: gléth invece di glëth
Ad un attento riesame l'autore suggerisce di sostituire nell'ultima riga della II strofa: da machün alt con prénô fla
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nella I riga della III strofa: da Rehrë con Sehô.
ABBIAMO PENSATO DI PROPORVI...
Quando ci si trova di fronte al ventaglio di poesie del nostro Gino è sempre arduo dare una preferenza per la pubblicazione.
Dopo un inverno copioso di neve, con rigori di -12° C., durante il quale il familiare venticello era rimasto rintanato al Moncenisio, variazioni di umori prima, poi il sibilo dei fili dell'alta tensione, infine l'arrivo di qualche folata ci sgombravano la mente da ogni dubbio su quale poesia sarebbe caduta la nostra scelta.
...L' ÔTHÂ
Cânch'i sôflët fortâ
e pedzâ s'i menët dë nèi
sërciô rinchë lô rëchèi
ôn më caciô din mouijôn
ma diszèn pëthâ hânch'eth
l'ôthâ eth miëgl chë la lavouènzë
fusët bouèn la pahëthènzë
ou souflouth sèn coustëma.
A Tëthün iât pa grânt'ôthâ
ma glë fusët sarët miëgl
grôou dë dzânn vëndrônn pru viëgl
gli spidal pa frân si plèn.
Mëprijèn pame Vëno
së carcâl i sôflët trât:
d'ariâ bôn-nâ e d'evâ fréscë
vânn dlôn biënn canch' eth ch'i gnât.
Luigi Vayr
Per chi ha un minimo di conoscenza della nostra parlata "Moda Vëno", eventuali espressioni inusuali che potrebbero insidiare la comprensione di questa poesia sono: "Pahëthènzë" e "ariâ". Col primo termine si intende un vento che spira violento e radente alle Cugnere; assai temuto durante la fienagione in quella località, poiché se faceva la sua comparsa portava via il fieno ormai pronto per essere imballato, lasciando i prati puliti e tanto amaro in bocca nel vedere vanificati gli sforzi ed i sacrifici fin qui sopportati.
Con "ariâ" possiamo definire genericamente il vento di intensità moderata. Molto conosciuta a "l’ariâ dë Spita" che genericamente preannuncia la pioggia. Con il termine di "ariâ" si indicano anche quei venti che salgono la valle provenendo da Susa, mentre a quello opposto, proveniente da Nord, viene assegnato l'appellativo di "ôthâ".
Considerazioni sulla fonetica: "th" e un'unica consonante, scritta e pronunciata come in inglese. Ricorre molto spesso e sostituisce generalmente la "r" nell'analoga parola italiana; è usata pure nel vicino paese di Giaglione. La sua pronuncia era la dannazione per i nostri bambini poiché prima dei 7 anni pochi vi riuscivano; al posto d'un "th" risultava una "i" e ne veniva fuori il classico "bargiacai moueinaiô". Appena superata questa lacuna, fonte di presa in giro, si sentivano felici come liberati da un incubo.
CANTO POPOLARE DELLA NOSTRA TRADIZIONE
Si era ormai fatta impellente la necessità di disporre di una registrazione del canto popolare "Barbâ Gënn d'Oudra", poiché ormai si sa: "tô hân viëgl i s'anavèt" tutto quanto è vecchio corre il rischio di scomparire per sempre. L'11 dicembre '96 nella Sala Consigliare la nostra Cantoria Parrocchiale diretta da Marzo Giuseppe si è prestata per un'esecuzione che è stata registrata con metodo scientifico dal prof. Claudio Dina del Centro di Documentazione etnografico-musicale della Valle di Susa. Caldeggiati da più parti a diffonderne il testo non possiamo esimerci dal farlo.
BARBÂ GËNN D'OUDRA
Barbâ Gënn d'Oudra vin ahai (1)
vin të coucétèi (bis);
nou coucërèn chië biën ansèn
e në parlërèn dou tèn. (2)
Ape dëmân matin n'alèn pe a la fouèithë (bis);
në marcërèn tëti bë pathéth
në farèn fôtha gli Garnaghéth. (3a, 3b)
Barbâ Gënn d'Oudra ou vèt a l'eva (bis);
ou vèt a l'eva avoi sôn tëpin
avoi la chigléthë ân brândânn dëdin.
Inot ou Coudrèi (4)
dë zahgnéth gnât pe machë trèi (bis);
lô pru bèl frân lô migliouth
eth pe côth hèl dë l'anvëhouth. (5a, 5b, 5c)
NOTE
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Personaggio vissuto nella seconda meta dell'ottocento.
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Della canzone vi è una seconda versione che invece della parola tèn si sostituisce trèn = treno.
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Soprannome attribuito a fratelli di notevole prestanza fisica e di passo spedito, derivato dall'italiano Granatieri.
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La frase va così interpretata: I Garnaghéth, seppur rinomati marciatori non riusciranno mai a reggere il nostro passo.
4) Località di mezza montagna con boschi di castagno, appena sovrastante la S.S. 25, alla borgata S. Martino.
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Nome con doppia valenza: (termine universalmente conosciuto ma privo di senso logico in questo contesto).
I° incastro (maschio-femmina) eseguito su tutta la lunghezza dei fianchi delle assi per consentirne l'unione ed ottenere delle superfici maggiori;
II° particolare pialletto atto a realizzare gli incastri summenzionati.
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Versione proposta dalla Cantoria:
Investitore, chi ha investito, piantando, crescendo ed accudendo il castagno, trovandosi poi ripagato dalla maestosità dell'albero e dai buoni raccolti.
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Versione proposta da Marzo Adolfo:
Chi ha ricevuto una carica, chi e stato investito di una carica, titolo o insignito di una onorificenza.
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