Nel medioevo, venuta meno l’unità dell'età romana, i popoli dell'Europa occidentale e orientale, compresa l'Asia minore, mantennero rapporti reciproci nonostante le difficili comunicazioni per terra e per mare e la decadenza e la poca sicurezza in cui versavano le antiche strade.
All’origine di questi rapporti ci furono sia i conflitti tra i due mondi di allora, l’Occidente cristiano e l’Oriente mussulmano, sia gli scambi pacifici lungo le vie e le rotte commerciali, favoriti dai pellegrinaggi nei luoghi santi e dagli intensi legami che caratterizzarono il medioevo ecclesiastico e la vita monastica.
Intrecciati a questi rapporti, vennero coltivati e si dipanarono contatti vastissimi anche sul piano del pensiero umano e filosofico e della diffusione della conoscenza.
Così avvenne per alcuni tra i più importanti movimenti detti ereticali, che si diffusero per vie di cui pare non essersi conservata memoria, talora in modo clandestino, da un capo all’altro del continente, e nonostante l’ostilità delle Chiese ufficiali e le persecuzioni del suo braccio armato, il potere dei sovrani.
E’ questo il caso dei Bogomili di Bulgaria, i cui principi, ispirati a un cristianesimo originario, si diffusero passando attraverso la Bosnia nell’Europa centrale e meridionale, dando origine a un movimento religioso che fu anche filosofia di vita, i cui adepti vennero chiamati dai loro persecutori col nome di Catari, mentre per loro stessi essi coniarono l’appellativo di "Buoni Cristiani".
Il movimento cataro conobbe la sua massima espansione nell'Italia centro settentrionale e nella Francia meridionale - l’Occitania di lingua d’oc e dei trovatori. E se in Bulgaria il bogomilismo si radicò principalmente fra servi e contadini in opposizione all’alto clero e allo sfruttamento dei feudatari, nel Midi occitano, al catarismo aderirono decine di migliaia di persone e tra loro uomini e donne di un’aristocrazia colta e raffinata.
In Italia, ad abbracciare la dottrina catara furono assieme a uomini e donne di alto lignaggio, le classi mercantili e colte delle città. Si ricordano personaggi che hanno attraversato la storia, come Federico II di Svevia e, a Firenze, Farinata degli Uberti, il poeta Guido Cavalcanti e, secondo studi recenti, lo stesso Dante Alighieri.
Data questa premessa, ecco quindi l’interesse di raccontare Catari e Bogomili non solo dal punto di vista religioso-dottrinale, rilevandone le notevoli affinità e la vasta geografia. O di mettere in luce il significato eversivo che gli uni e gli altri ebbero sul contesto sociale e politico del loro tempo, o per essere stati entrambi perseguitati, crudelmente combattuti, infine estirpati. Il “viaggio delle idee” può diventare la chiave per uno sguardo originale sul pensiero religioso bogomilo-cataro e attraverso le relazioni che si stabilirono fra “Buoni cristiani” di oriente e occidente, scoprire come un’idea religiosa, antagonista alle Chiese ufficiali, abbia segnato la vita sociale, la cultura e il destino dei popoli europei nei primi secoli dopo il Mille.
Il fascino che la storia bogomilo-catara ancora ci trasmette (e ci guida nel proposito di realizzare questo film) è infatti da cercare nella forza di una visione spirituale cristiana che al seguito di predicatori, pellegrini, mercanti, cavalieri, poeti, donne e uomini “buoni cristiani”, portò, là dove giunse, una diversa visione sul mondo, dell’uomo e del rapporto dell’uomo con Dio; un’idea che, avulsa da ogni aspirazione dogmatica, là dove si radicò conobbe numerose varianti, creando flussi e influssi reciproci fra popoli e paesi, fra l'Oriente caucasico, la Bulgaria e Bisanzio, fra Bisanzio e i popoli balcanici e in genere i popoli slavi, infine fra questi ultimi e l'Occidente europeo.
L’episodio storico maggiormente simbolico di questa migrazione, e dei contatti che si generarono fra Bogomili e Catari, è il cosiddetto “concilio cataro” che si tenne nel 1167 a Saint Felix de Caraman (Francia), regione di Tolosa, nel castello di Guilhem, signore del luogo.
Vi parteciparono rappresentanti eletti delle varie comunità catare occitane, quelle di Tolosa, Carcassonne, Albi, Aran (la valle d’Aran, oggi in Catalunya) e della comunità catara di Francia (la Francia d’oil).
Per le chiese catare d’Italia giunse il Marco di Lombardia (secondo studi recenti di Maria Soresina, da identificarsi col Marco Lombardo che Dante incontra nel 16° canto del Purgatorio, a cui il poeta affida il più grande discorso politico della cantica e forse del poema, quello sul libero arbitrio).
Dall’oriente, precisamente da Bisanzio, venne il pope bogomilo Nicetas. Il ruolo di quest’ultimo pare essere stato quello di primus inter pares, del saggio. Diede consigli e, pur nell’indipendenza dottrinale di ogni comunità, svolse una sorta di arbitraggio. Trasmise lo Spirito Santo attraverso l’unico sacramento riconosciuto dai Catari, il “consolamentum”, e lo confermò ad altri, tra cui il rappresentante eletto della chiesa catara di Albi. Intervenne quindi sulla pace e l’armonia che dovevano regnare fra le diverse comunità catare, ciò nel quadro in evoluzione delle chiese catare occidentali, in pieno sviluppo dalla metà del XII secolo.
Ritroviamo il bogomilo Nicetas anche nel Tractatus de hereticis (1270) dell’inquisitore Anselmo d’Alessandria. L’autore riferisce di un viaggio di Nicetas in Lombardia (nome che allora indicava tutta l’Italia settentrionale), allo scopo di contribuire a organizzare il catarismo locale. In quell’occasione rappresentante delle comunità lombarde fu eletto Marco: il Marco Lombardo di Dante.
Contatti dunque usuali e permanenti fra Catari e Bogomili, fra dualisti occidentali e orientali, di cui la partecipazione di Nicetas alla riunione di Saint Felix de Caraman o il viaggio presso i Catari di Lombardia, non sono che un esempio fra gli altri.
CHI ERANO I BOGOMILI
Così scriveva nel 1969 in “Medioevo slavo-bizantino” lo studioso bulgaro Ivan Dujcev, considerato tra i principali studiosi del bogomilismo:
Come per tanti altri movimenti ereticali, uno sguardo sulla storia e sull'essenza dottrinale del bogomilismo viene ostacolato da una difficoltà primordiale: la mancanza di fonti dirette e genuine di provenienza bogomila. Non è inutile avvertire che tutto ciò che conosciamo di più importante della dottrina dei bogomili viene dagli scritti dei loro nemici.
Essendo il bogomilismo spuntato inizialmente fra i Bulgari, la prima menzione delle fonti storiche sull'eresia spetta agli scritti di origine bulgara. In ordine cronologico vengono citate come fonti scritti di valore disuguale: alcuni passi nell'Esamerone composto dallo scrittore Giovanni Esarca verso la fine del secolo nono e all'inizio del secolo decimo, il “Discorso” del Vescovo Cosma I, composto nel periodo 969-972, poi il Sinodico redatto per ordine del re Boril (1207-1218) in occasione del sinodo antibogomilo convocato nella capitale bulgara di allora, Veliko Tarnovo, all'inizio del 1211, infine la vita del vescovo della regione di Muglen (in Macedonia) Ilarione, dei tempi dell'imperatore bizantino Manuele I Comneno (1143-1180), scritta dall'ultimo patriarca della Bulgaria medioevale Eutimio di Turnovo (1375 -1393). Fra tutti questi scritti quello di maggior valore è senza dubbio l'opera di Cosma.
Le sue testimonianze sono non solo le più dettagliate e originali, ma hanno anche il singolare pregio di essere date in modo concreto e abbastanza oggettivo.
Relativamente più copiose le fonti di origine bizantina, queste nella loro maggioranza si riferiscono al periodo posteriore della storia del bogomilismo, quando il movimento ereticale varcò i confini della Bulgaria, per diffondersi nell'Impero bizantino.
I Bogomili presero il nome da un capo eponimo - il prete Bogomil la cui esistenza storica viene attestata dalle due fonti fra le più autorevoli, il "Discorso" di Cosma e il Sinodico della chiesa bulgara, secondo le quali il pop Bogomil visse nei tempi del re bulgaro Pietro, cioè fra il 927 e il 969 (il nome slavo "Bogomil", non è altro che un semplice calco dal greco "teofilos", e significa "amato da Dio " ossia "caro a Dio").
Al pari dei seguaci di certe altre eresie medioevali, anche i Bogomili si dichiaravano cristiani e dichiaravano di essere portatori del vero cristianesimo evangelico, basato sulla tradizione neotestamentaria.
Secondo testimonianze esplicite, i Bogomili rinnegavano tutta la tradizione vetero-testamentaria: i libri di Mosè, i profeti ecc., insieme con gli stessi personaggi biblici. Come si vede da qualche passo nell'opera di Cosma, la dottrina dei Bogomili bulgari ai suoi tempi non aveva raggiunto la sua unità riguardo al principio fondamentale: il dualismo. Stando sempre alle testimonianze della medesima fonte, si potrebbe formulare l'ipotesi che già si erano formate le divergenze fra il dualismo assoluto e quello più moderato - le quali divergenze dovevano accentuarsi ancora più chiaramente nei secoli posteriori. La concezione del principio del male, del diavolo quale creatore del mondo visibile, come viene testimoniato tante volte da Cosma, era la vera base dell'atteggiamento degli eretici verso il “mondo terrestre” in genere.
I Bogomili negavano ugualmente i dogmi fondamentali della Chiesa ortodossa: la Trinità, la Redenzione ecc. Come sarà fra i Catari in Occidente, presso i bogomili mancava ogni culto della Croce, che veniva considerata piuttosto uno strumento di tormento del Signore, non degno di venerazione. Erano ostili agli edifici ecclesiastici, rifiutavano le icone e il culto dei santi, deridevano le reliquie e non credevano nei miracoli, né a quelli dei santi né a quelli attribuiti a Gesù. Lottando contro le cerimonie religiose bizantine troppo complicate, i bogomili negavano tutto il culto in genere, sia la liturgia che le molteplici preghiere e i riti. Pretendendo di tornare alla chiesa primitiva con la sua presupposta semplicità, abolirono tutte le preghiere e gli inni ecclesiastici, limitandosi all'unica preghiera insegna da Cristo, il “Pater noster'”.
Negavano il battesimo così come la comunione, interpretando in modo allegorico le testimonianze evangeliche su di essa, mentre la confessione si faceva senza la partecipazione di sacerdoti. Insieme con il culto dei santi, i bogomili negavano tutte le festività ecclesiastiche e le critiche più aspre venivano rivolte al clero ortodosso e al suo mal costume, insistendo per una vita più aderente ai precetti del Vangelo.
Nel “Discorso” di Cosma manca ogni accenno all'organizzazione ecclesiastica e sociale dei Bogomili, forse per la semplice ragione
che tale organizzazione ancora non esisteva oppure non la conosceva. Da fonti posteriori sappiamo che anche in questo i Bogomili si adoperavano ad imitare certi particolari della vita dei cristiani primitivi, facendo, ad esempio, accompagnare i loro capi da “apostoli”, uguali di numero agli apostoli di Gesù.
Il bogomilismo fu anche un appello verso la riforma nella vita ecclesiastica. Quasi contemporaneamente all'attività del pop Bogomil, nella montagna di Rila, nella Bulgaria sudoccidentale, visse in un’ascèsi durissima il più famoso anacoreta del medio evo bulgaro S. Giovanni di Rila, il fondatore del monastero dedicato oggi al suo nome. La riforma era necessaria e lo prova, fra l'altro, lo stesso Cosma, il quale, nella sua opera, colpisce gli eretici, ma non risparmia nemmeno il clero ortodosso.
La parola dei Bogomili trovava dunque fra i Bulgari del decimo secolo e di quelli che seguirono, un terreno quanto mai fertile, si divulgava e agitava gli spiriti. La sua vitalità si dimostrò nei secoli XI-XII, quando il bogomilismo trovò seguaci perfino a Bisanzio, fra il clero, e penetrò in alcune regioni dell'Asia Minore, per perpetuarsi nei territori dell'Impero Romano d’Oriente per alcuni secoli. La persecuzione, intrapresa ad esempio nei tempi di Alessio I Comneno, non riuscì, a quanto pare, ad arrestare la sua propagazione. L'unificazione di vasti territori balcanici sotto il potere bizantino all'epoca dei Comneni contribuì a rendere più facile la divulgazione del bogomilismo nelle parti occidentali della Penisola balcanica. La persecuzione organizzata verso la fine del secolo XII dal principe serbo Stefano Nemanja (1168-1196), testimonia che il bogomilismo era già penetrato nei territori serbi e aveva trovato fedeli seguaci. Non più tardi dell'inizio del '200 il si era propagato fra la popolazione della Bosnia, per raggiungere in quei territori uno sviluppo vastissimo ed una persistenza ultrasecolare. Qui addirittura divenne religione di stato e tale rimase sino alla fine del XV secolo quando i Bogomili bosniaci, divenuti sudditi dell’Impero ottomano, preferirono convertirsi all’Islam piuttosto che alle odiate Chiese romana e bizantina che li avevano perseguitati per secoli. Meno documentata ma estremamente probabile fu la successiva divulgazione delle idee bogomile, con tutte le innovazioni dovute alla lunga evoluzione storica verso l'Italia settentrionale e verso la Francia meridionale, dove si propagarono nonostante il diverso contesto socio-culturale e furono identificate dai persecutori col nome di “eresia catara”.
CHI ERANO I CATARI
Scrive Maria Soresina, voci tra le più interessanti per un approccio privo di pregiudizi al catarismo In Italia, e “scopritrice“ del catarismo di Dante Alighieri, espresso in versi clandestini (ma non troppo) lungo le tre cantiche della Divina Commedia:
Fatti oggetto di pesanti persecuzioni, molti Bogomili di Bulgaria e Bisanzio cercarono scampo fuggendo verso l’Italia e la Francia. Così molti studiosi spiegano la nascita del catarismo nell’Europa occidentale, caratterizzato dall’adesione al principio dualistico. Secondo altri invece il catarismo non nacque come propagazione dal bogomilismo, bensì come un risveglio, un desiderio di ricondurre il cristianesimo a una rigorosa semplicità evangelica, esigenza che era ovunque profondamente sentita in quei secoli. Resta il fatto che molte caratteristiche dottrinali erano comuni, e che alcuni testi come la Interrogatio Johannis e la Visio Isaiae, di indubbia origine bulgara, vennero accettati dai Catari e sono oggi presentati come testi catari. A suffragio della tesi della derivazione bulgara vi è il fatto che tra i nomi che in quei tempi venivano dati ai catari vi sono anche alcune varianti della parola «bulgari». Come riferisce Duvernoy, in tutte le lingue europee tali termini hanno presto assunto un’«accezione decisamente peggiorativa: […] bougrerie è diventato sinonimo di sodomia». La stessa origine ha l’italiano «buggerare», che compare proprio nel XIII secolo, mentre nell’occitano tuttora parlato nel Midì e nelle valli del Piemonte occidentale, bougre (bulgaro) ha valore di insulto. Una delle tecniche da sempre e da tutti usate contro i nemici è quella di denigrarli, di demonizzarli, attribuendo loro le azioni più nefande ed esecrabili. Così è stato fatto contro gli ebrei e anche contro i catari.
Ma, sempre con le parole di Maria Soresina, veniamo alla loro storia.
I primi gruppi di eretici che rifiutano la croce, il battesimo e il matrimonio vengono trovati intorno al 1018 in Aquitania, intorno al 1022 a Tolosa. Da allora e per tutto il XII secolo il catarismo poté espandersi abbastanza indisturbato, tanto da raggiungere in alcune zone della Francia del sud percentuali del 30% della popolazione (la studiosa Anne Brenon del Centro di Studi Catari di Carcassonne parla addirittura del 50%). Ad aderire al catarismo furono dapprima le classi alte della società: gli aristocratici, la nascente borghesia, ovvero la parte non solo più potente e ricca, ma anche più colta del mondo di allora. Ed erano soprattutto le donne, per un motivo ben preciso: i Catari (chiamati anche Albigesi dalla città di Albi) avevano un unico sacramento, da loro chiamato “consolamentum”, che consisteva nell’imposizione delle mani con cui scendeva lo Spirito Santo. È questo il rito, attestato da numerosi passi del Nuovo Testamento, che veniva praticato dagli Apostoli. Fra i Catari chi riceveva il “consolamentum”, poteva trasmetterlo: uomo o donna che fosse. In altre parole: una donna poteva trasmettere lo Spirito Santo. Mai nessun’altra religione ha dato tanta eguaglianza alle donne. Questo fu uno dei motivi principali del successo del catarismo: perché le donne raffinate e colte delle corti aristocratiche aderirono con passione a questo cristianesimo che dava loro spazio, che le poneva, dal punto di vista spirituale, sullo stesso livello degli uomini.
I Catari (ma anche i bogomili) si consideravano gli unici depositari dell’originario messaggio evangelico e rivendicavano la diretta successione apostolica, ovvero, si ritenevano i successori, forse, di quella «Chiesa di Giovanni» che esisteva fin dai primordi del cristianesimo accanto alla più organizzata «Chiesa di Pietro». Quest’ultima volle presto essere l’unica Chiesa, la Chiesa universale (cattolica), e non tollerò più divergenze; scese a compromessi con il potere e si allontanò inevitabilmente dal dettato evangelico. Un nucleo di fedeli al Vangelo avrebbe tuttavia continuato a operare, di nascosto, trasmettendo attraverso i secoli la dottrina e i riti originari, in particolare il battesimo tramite l’imposizione delle mani. Chi riceveva lo Spirito Santo lo poteva a sua volta trasmettere, e così, in una catena ininterrotta la prassi e, quel che più conta, lo Spirito Santo sarebbero stati tramandati per secoli dai «buoni cristiani», come loro chiamavano se stessi.
È difficile credere alla possibilità effettiva di una trasmissione clandestina protrattasi per un periodo così lungo (otto - nove secoli), ma è quanto ritenevano i Catari, che «non si stancarono mai di affermare che la loro Chiesa era la vera Chiesa di Dio, quella di Cristo e degli Apostoli in contrapposizione all’usurpatrice Chiesa romana». Di fatto gli studiosi concordano nel ritenere i riti dei Catari sorprendentemente simili a quelli praticati nei primissimi tempi del cristianesimo.
Morte tremenda ebbero i Catari dal momento in cui la Chiesa decise di intervenire: prima con una crociata che durò venti anni (1209-1229), poi con l’Inquisizione che fu istituita nel 1231 allo scopo di contrastare il catarismo. Questa operò non solo in Francia, come la crociata, ma in tutta Europa e per lungo tempo. In Italia si tennero processi contro i Catari ancora per tutto il secolo XV.
La documentazione delle persecuzioni è molto più ricca per quanto riguarda la Francia. Intanto c’è la splendida Chanson de la croisade albigeoise che Simone Weil paragona all’Iliade: è la cronaca di questa crociata che ha distrutto non solo le città, ma la cultura occitana, senza peraltro riuscire a estirpare l’eresia. Poi ci sono i numerosissimi verbali dei processi, processi per i quali fu subito autorizzato l’uso della tortura. In un secolo di processi e di roghi l’Inquisizione riuscì a cancellare i Catari d’Occitania.
Nella Francia meridionale si parlava la lingua d’oc. Fu la primissima espressione letteraria in una lingua che non fosse il latino – perché fino allora gli intellettuali scrivevano in latino – è la poesia dei trovatori fu in lingua d’oc.
I trovatori cantarono un ideale di vita vissuta, un sistema di valori e diedero vita a quella che Denis de Rougemont nel suo bellissimo libro “L’amore e l’occidente” definisce la «raffinatissima civiltà di cui [i catari] erano stati l’anima austera e segreta». Quella terra ridente, in cui nacque la grande poesia dei trovatori, infatti fu la stessa in cui si sviluppò il catarismo.
Per quanto riguarda l’Italia, le prime notizie riguardano i cosiddetti «catari di Monforte». Su questa vicenda esistono due brevi cronache dell’epoca che narrano come, scoperto un gruppo di persone sospette di eresia intorno al castello di Monforte d’Alba, in Piemonte, un loro esponente fu interrogato da Ariberto d’Intimiano, vescovo di Milano. Riconosciuti come eretici, furono condotti a Milano dove, nella zona che ancor oggi si chiama «Monforte» (anche se quasi nessuno sa di questa origine del nome), furono eretti un grande crocifisso e un rogo e fu chiesto loro di scegliere se abiurare la propria fede andando verso il crocifisso, o entrare nel rogo. Le cronache dicono che quasi tutti, a cominciare dalla contessa che pare si chiamasse Berta, entrarono nel rogo. Questo succedeva nell’anno 1031.
Raniero Sacconi, uno dei meglio informati inquisitori domenicani, nella sua Summa de Catharis, scritta intorno al 1250, parla di circa 4000 consolati in Europa in quegli anni, di cui 2500 nell’Italia centro-settentrionale: quasi due terzi. Sono cifre impressionanti, soprattutto se si tiene conto che riguardano soltanto i consolati, che rappresentavano una minima parte degli aderenti al catarismo: il rapporto è più o meno uguale a quello che c’è tra sacerdoti e laici. Sacconi sostiene che a Firenze un terzo della popolazione, particolarmente tra le classi colte e i nobili, aderisse al catarismo. Proprio su Firenze sono state fatte ricerche che hanno portato alla luce i nomi di alcune famiglie che vi aderivano. Tra le più in vista quella dei Cavalcanti e l’illustre famiglia dei Nerli; senza dubbio cataro fu Farinata degli Uberti, personaggio incontrato da Dante tra gli eretici (naturalmente), che, morto nel 1264, fu condannato come eretico nel 1283 e la sua bara bruciata pubblicamente, mentre i beni di figli e nipoti venivano confiscati dal momento che un “crimine” come l’eresia andava punito “non solum in vivos set etiam in mortuos et etiam in heredes”.
Personalmente sono convinta che i poeti del Dolce Stil Novo, compreso Dante, fossero Catari. Dante era eretico, non per aver messo i papi all’Inferno, ma perché la dottrina che espone nella Commedia non è cattolica: è quella dei catari.
(ndr.: “Per chi è abituato a pensare l’Alighieri come il poeta cattolico per eccellenza, la tesi suona ardita, quasi paradossale, ma va riconosciuto all’autrice (Maria Soresina)… un’analisi precisa, puntuale del testo, ove il fine di evidenziare come il catarismo sia una fonte primaria della Commedia - e non solo: si fa riferimento anche al Convivio e alle altre opere del poeta fiorentino – è sostenuto su base rigorosamente filologica e storica… per questo va detto che alcuni cruciali passi delle tre cantiche trovano nell’ambito della dottrina catara una spiegazione più convincente che non in quello tradizionale, di tipo tomista”, scrive Marco Vannini ne l’Osservatore Romano del 1 dicembre 2016).
Significativi sono gli scritti degli inquisitori sul catarismo che ne demonizzano gli adepti ma nel contempo ne attestano la presenza. Così come ne attesta la presenza la lapide che si trova in piazza Mercanti a Milano, che tesse le lodi del podestà di allora Oldrado da Tresseno (circa 1230) e termina con le parole «catharos ut debuit uxit» (i catari, come doveva, bruciò). Mentre a Firenze, a pochi passi da Santa Maria Novella, al centro di una piazzetta una croce in pietra ricorda lo scontro armato avvenuta nel 1244 fra cattolici e catari. I documenti parlano di chiese catare nell’Italia settentrionale a Concorezzo (Milano), Desenzano, Bagnolo-Mantova, Vicenza… Catari sono ricordati ad Andezeno, nel Monferrato - provincia di Torino già a partire dalla fine del ‘200, e, nella stessa provincia, a Chieri e Villastellone, e a Roccavione in provincia di Cuneo; Gattedo in provincia di Como, fu rifugio di Catari protetti dal signore del luogo. Il 19 agosto 1254 vi furono dissepolti e arsi i corpi di due esponenti catari: Nosario e Desiderio…
L’interesse per i Catari, cancellati per secoli, rinacque con l’Illuminismo, ma soprattutto col Romanticismo. Lenau scrisse un fervente poemetto, Gli albigesi (1842), che li vede come precursori della lotta per la libertà politica e spirituale. Furono (ahimé) molto amati dai nazisti (c’è tutta una storia tinta di giallo sul personaggio di Otto Rahn), ma anche dai socialisti: per esempio in un saggio del 1895 Karl Kautsky li considera “precursori del socialismo”, e non è il solo. Nei paesi dell’ex Jugoslavia c’è fin dai tempi di Tito un revival di bogomili; in Italia in alcuni luoghi, in cui è storicamente accertata la presenza dei catari, come Concorezzo (vicino a Milano), Roccavione nel cuneese, si è sviluppato un nuovo interesse per la propria storia… Vi sono poi, sia in Francia sia in Italia, sparuti gruppi e personaggi sedicenti «neo-catari». Non ha senso: Bogomili e Catari sono stati sterminati. Non ci sono più. L’unico modo corretto per omaggiarli è raccontare la loro storia… non dimenticarli.
STRUTTURA DEL FILM DOCUMENTARIO
Il film, la cui durata potrebbe aggirarsi tra i 52 e i 75 minuti, avrà le caratteristiche del documentario storico. La narrazione si avvarrà di una voce fuori campo (voce narrante) e prenderà le mosse dal concilio cataro-bogomilo che si tenne nel 1167 a Saint Felix de Caraman per illustrare le caratteristiche del bogomilismo, i luoghi in cui si diffuse (Bulgaria, Grecia, Serbia, Bosnia) e l’itinerario di divulgazione intrapreso dall’idea spirituale bogomila verso l’Europa occidentale (Italia, Francia, ma anche Boemia, Fiandre, Germania) dove i numerosissimi adepti scelsero di chiamarsi “buoni cristiani” (Catari per i loro persecutori). Nella Francia meridionale, il pensiero cataro incontrò la poesia dei trovatori in lingua d’oc, in Italia i poeti del Dolce Stil Novo e alcuni personaggi delle grandi famiglie fiorentine. Le persecuzioni indussero Catari e Bogomili a ricercare in seno alle comunità ospitalità e rifugio. Verranno messi in evidenza i contatti usuali e permanenti fra i buoni cristiani d’occidente e d’oriente nonostante le distanze e la difficoltà del viaggio, e i rapporti e gli scambi dottrinali. Le vie seguite non ci sono note, possiamo tuttavia ipotizzarle lungo quelle che furono le vie di terra e le rotte per mare nel medioevo, rievocando attraverso le immagini, luoghi, itinerari a piedi, difficoltà, porti, città.
I materiali con cui il film verrà composto saranno:
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interviste ad esperti (storici, ricercatori, archeologi) in Bulgaria, Bosnia, Italia e Francia;
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riprese cinematografiche di luoghi e paesaggi che evocano la storia bogomila e catara. Per i Bogomili: in Bulgaria a Veliko Tarnovo, Sofia, Monastero di Rila; in Turchia a Costantinopoli; in Bosnia le località e i musei in cui sono conservate le lapidi (stecci) attribuite al periodo bogomilo. Per i Catari, alcune località citate, sia in Francia sia in Italia, che conservano memoria della presenza catara: il castello di Montsegur, quello di Saint Felix de Caraman, altri castelli detti catari nel Midì francese, e Milano, Firenze, Desenzano, Monforte in Italia…;
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Riprese cinematografiche di luoghi e ambienti che sappiano evocare gli itinerari seguiti dai Bogomili e dai Catari per raggiungere gli uni le sedi degli altri o le comunità rifugio;
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Archivi cinematografici di film a soggetto ispirati alle vicende catare e bogomile;
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riproduzione di carte geografiche, iscrizioni su pietra, manoscritti, documenti attestanti la presenza catara e bogomila, processi ai Catari e ai Bogomili, ipotetici ritratti dei protagonisti, illustrazioni, stampe, dipinti relativi alle persecuzioni subite.
Per questa primissima fase, la ricerca sul tema proposto dal film documentario è stata approfondita sui testi e attraverso colloqui con le seguenti personalità, che hanno dato la loro disponibilità a proseguire nella collaborazione:
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(per i Bogomili) la prof.ssa Axinia Dzurova, già allieva di Ivan Dujcev ed ex direttrice del Centro Studi di Sofia a lui intitolato, e gli studiosi della sua équipe;
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(per i Catari in Italia) Maria Soresina, autrice di “Libertà va cercando – Il catarismo nella Commedia di Dante”, Moretti & Vitali, 2009; Giovanni Filoramo, prof. ordinario Università di Torino di Storia del Cristianesimo e delle Chiese; Grado G. Merlo, prof. ordinario Università di Milano di Storia medievale e dei movimenti ereticali;
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(per i Catari in Francia) Anne Brenon con i collaboratori del Centro di Studi catari René Nelli di Carcassonne e i redattori della rivista Heresis.
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CURRICULA
Fredo Valla (n. 1948)
Documentarista e sceneggiatore.
Si è formato con Toni Di Gregorio e Mario Brenta a Ipotesi Cinema, scuola diretta da Ermanno Olmi.
Dal 2005 al 2014, realizza per Pupi Avati numerose serie televisive trasmesse da Tv2000. Ha scritto con Giorgio Diritti i film lungometraggi "Il vento fa il suo giro" e "Un giorno devi andare" (Sundance 2013). Nel 2008, è nominato al David di Donatello nella categoria migliore sceneggiatura. Tra i lavori recenti (2015) "Più in alto delle nuvole / Plus haut que les nuages - l'histoire de Géo Chávez, aviateur ", prodotto da GraffitiDoc e Les Films du Tambour de Soie.
E’ co-fondatore di "L'Aura - scuola di cinema di Ostana"
Sito web: www.fredovalla.it
Filmografia parziale
2017 – (in preparazione) – “Il viaggiatore smarrito” co-realizzazione con Martine Deyres, 52’, Prod. Okta Film con Les Films du Tambour de Soie.
(in preparazione) - “Disobbedienti alla Guerra – disertori, ammutinamenti, rivolte, fucilazioni sommarie nel primo conflitto mondiale”, 52’, Prod. Nefertiti Film.
2015 - “Più alto delle nuvole / Plus haut que les nuages”, 52’. Prod. Graffitidoc (Torino) et Les Films du Tambour de Soie (Marseille) - Bansko FilmFestival, Trieste FilmFestival, Filmfestival Lessinia.
2013 - “Un giorno devi andare”, 109’ film lungometraggio, soggetto e sceneggiatura con Giorgio Diritti. Prod. AranciaFilm, Lumière & Co. Groupe Deux Interpreti: Jasmine Trinca, Anne Alvaro, Pia Engleberth, Sonia Gessner, Amanda Fonseca Galvão, Paulo De Souza - Sundance 2013.
2011 - “Sono gli uomini che rendono le terre vive e care”, regia, Beta SP, 30’, Prod. Arialpina - Valsusa Film Fest 2011 (1° premio), Trento Filmfestival 2011, Religion Today Filmfestival 2011.
2009/2010 - “Feste storiche italiane”, 52’ - serie televisiva nove puntate Prod. Duea - Pupi Avati, TV 2000.
2009 - “Medusa storie di uomini sul fondo”, 60’. Prod. Maxman/Arealpina - Film Festival Trieste 2009, Future Film Festival Village Bologna 2008, Beldocs Belgrado 2009 (Serbia), DocFilmFest 16° Premio Libero Bizzarri 2009 San Benedetto del Tronto, 9° Italian Film Festival Rovigno/Rovinj (Croazia).
“Medusa storie di uomini sul fondo” (cortometraggio di animazione - 10’), regia con Francesco Vecchi - AthensAnimFest 2009 sezione Panorama, 17th International Festival of Short Films and New Images Arcipelago Roma 2009, Interfilm Berlin Imaginale – New Italian Shorts 2009.
2008 - Gli stati del welfare – Gran Bretagna", 55’ serie televisiva due puntate Prod. Duea - Pupi Avati. TV 2000.
2007 - "Il vento fa il suo giro", soggetto e sceneggiatura con Giorgio Diritti. Prod. AranciaFilm - Festival Cinema Italiano Annecy, Film Meeting Bergamo, Filmfestival Lisbona, Londra ecc. Candidato con 5 nominations al David di Donatello 2008, 1° Premio sceneggiatura Filmfestival di Trento 2002, Premio sceneggiatura opera prima Premio Amidei Gorizia 2008.
2005 - "La strada dei capelli", 20’ Prod. Museo dei raccoglitori di capelli, Elva (Cuneo). – Filmfestival Lessinia 2006; Giornate del Cinema italiano 2007 - Rovigno (Croazia), Novi Sad e Indjija (Serbia); Premio Libero Bizzarri “Always doc on the road” San Benedetto del Tronto 2008; Festival Malescorto 2006 (Menzione speciale), Valsusa Filmfest 2007 (2° premio). Riace Infestival 2009 (1° Premio sezione “culture materiali”).
"A est di dove?”, serie televisiva di undici puntate (55 ́) in Bulgaria e Macedonia Prod. Duea - Pupi Avati, Prod. Duea, 2005. TV 2000
2002 - "Novalesa una storia d ́inverno", 38’ Prod. Provincia di Torino / Pubbliviva - Filmfestival del Documentario del Mediterraneo, Paestum 2005; 6° International Mountain Film Festival in Bansko (Bulgaria) 2006 - RAI, sede regionale Valle d ́Aosta. Cerro d ́Argento Premio Provincia di Verona - Filmfestival Lessinia 2004.
1996 - “Valades Ousitanes”, 100’ Prod. Ousitanio Vivo Film RAI, sede regionale Valle d’Aosta, sede regionale Trentino Alto Adige - 1° Premio ex-aequo Festival del Documentario Italiano - Premio Libero Bizzarri, San Benedetto del Tronto 1997.
CHI ERANO I BOGOMILI
Così scriveva nel 1969 in “Medioevo slavo-bizantino” lo studioso bulgaro Ivan Dujcev, considerato tra i principali studiosi del bogomilismo:
Come per tanti altri movimenti ereticali, uno sguardo sulla storia e sull'essenza dottrinale del bogomilismo viene ostacolato da una difficoltà primordiale: la mancanza di fonti dirette e genuine di provenienza bogomila. Non è inutile avvertire che tutto ciò che conosciamo di più importante della dottrina dei bogomili viene dagli scritti dei loro nemici.
Essendo il bogomilismo spuntato inizialmente fra i Bulgari, la prima menzione delle fonti storiche sull'eresia spetta agli scritti di origine bulgara. In ordine cronologico vengono citate come fonti scritti di valore disuguale: alcuni passi nell'Esamerone composto dallo scrittore Giovanni Esarca verso la fine del secolo nono e all'inizio del secolo decimo, il “Discorso” del Vescovo Cosma I, composto nel periodo 969-972, poi il Sinodico redatto per ordine del re Boril (1207-1218) in occasione del sinodo antibogomilo convocato nella capitale bulgara di allora, Veliko Tarnovo, all'inizio del 1211, infine la vita del vescovo della regione di Muglen (in Macedonia) Ilarione, dei tempi dell'imperatore bizantino Manuele I Comneno (1143-1180), scritta dall'ultimo patriarca della Bulgaria medioevale Eutimio di Turnovo (1375 -1393). Fra tutti questi scritti quello di maggior valore è senza dubbio l'opera di Cosma.
Le sue testimonianze sono non solo le più dettagliate e originali, ma hanno anche il singolare pregio di essere date in modo concreto e abbastanza oggettivo.
Relativamente più copiose le fonti di origine bizantina, queste nella loro maggioranza si riferiscono al periodo posteriore della storia del bogomilismo, quando il movimento ereticale varcò i confini della Bulgaria, per diffondersi nell'Impero bizantino.
I Bogomili presero il nome da un capo eponimo - il prete Bogomil la cui esistenza storica viene attestata dalle due fonti fra le più autorevoli, il "Discorso" di Cosma e il Sinodico della chiesa bulgara, secondo le quali il pop Bogomil visse nei tempi del re bulgaro Pietro, cioè fra il 927 e il 969 (il nome slavo "Bogomil", non è altro che un semplice calco dal greco "teofilos", e significa "amato da Dio " ossia "caro a Dio").
Al pari dei seguaci di certe altre eresie medioevali, anche i Bogomili si dichiaravano cristiani e dichiaravano di essere portatori del vero cristianesimo evangelico, basato sulla tradizione neotestamentaria.
Secondo testimonianze esplicite, i Bogomili rinnegavano tutta la tradizione vetero-testamentaria: i libri di Mosè, i profeti ecc., insieme con gli stessi personaggi biblici. Come si vede da qualche passo nell'opera di Cosma, la dottrina dei Bogomili bulgari ai suoi tempi non aveva raggiunto la sua unità riguardo al principio fondamentale: il dualismo. Stando sempre alle testimonianze della medesima fonte, si potrebbe formulare l'ipotesi che già si erano formate le divergenze fra il dualismo assoluto e quello più moderato - le quali divergenze dovevano accentuarsi ancora più chiaramente nei secoli posteriori. La concezione del principio del male, del diavolo quale creatore del mondo visibile, come viene testimoniato tante volte da Cosma, era la vera base dell'atteggiamento degli eretici verso il “mondo terrestre” in genere.
I Bogomili negavano ugualmente i dogmi fondamentali della Chiesa ortodossa: la Trinità, la Redenzione ecc. Come sarà fra i Catari in Occidente, presso i bogomili mancava ogni culto della Croce, che veniva considerata piuttosto uno strumento di tormento del Signore, non degno di venerazione. Erano ostili agli edifici ecclesiastici, rifiutavano le icone e il culto dei santi, deridevano le reliquie e non credevano nei miracoli, né a quelli dei santi né a quelli attribuiti a Gesù. Lottando contro le cerimonie religiose bizantine troppo complicate, i bogomili negavano tutto il culto in genere, sia la liturgia che le molteplici preghiere e i riti. Pretendendo di tornare alla chiesa primitiva con la sua presupposta semplicità, abolirono tutte le preghiere e gli inni ecclesiastici, limitandosi all'unica preghiera insegna da Cristo, il “Pater noster'”.
Negavano il battesimo così come la comunione, interpretando in modo allegorico le testimonianze evangeliche su di essa, mentre la confessione si faceva senza la partecipazione di sacerdoti. Insieme con il culto dei santi, i bogomili negavano tutte le festività ecclesiastiche e le critiche più aspre venivano rivolte al clero ortodosso e al suo mal costume, insistendo per una vita più aderente ai precetti del Vangelo.
Nel “Discorso” di Cosma manca ogni accenno all'organizzazione ecclesiastica e sociale dei Bogomili, forse per la semplice ragione
che tale organizzazione ancora non esisteva oppure non la conosceva. Da fonti posteriori sappiamo che anche in questo i Bogomili si adoperavano ad imitare certi particolari della vita dei cristiani primitivi, facendo, ad esempio, accompagnare i loro capi da “apostoli”, uguali di numero agli apostoli di Gesù.
Il bogomilismo fu anche un appello verso la riforma nella vita ecclesiastica. Quasi contemporaneamente all'attività del pop Bogomil, nella montagna di Rila, nella Bulgaria sudoccidentale, visse in un’ascèsi durissima il più famoso anacoreta del medio evo bulgaro S. Giovanni di Rila, il fondatore del monastero dedicato oggi al suo nome. La riforma era necessaria e lo prova, fra l'altro, lo stesso Cosma, il quale, nella sua opera, colpisce gli eretici, ma non risparmia nemmeno il clero ortodosso.
La parola dei Bogomili trovava dunque fra i Bulgari del decimo secolo e di quelli che seguirono, un terreno quanto mai fertile, si divulgava e agitava gli spiriti. La sua vitalità si dimostrò nei secoli XI-XII, quando il bogomilismo trovò seguaci perfino a Bisanzio, fra il clero, e penetrò in alcune regioni dell'Asia Minore, per perpetuarsi nei territori dell'Impero Romano d’Oriente per alcuni secoli. La persecuzione, intrapresa ad esempio nei tempi di Alessio I Comneno, non riuscì, a quanto pare, ad arrestare la sua propagazione. L'unificazione di vasti territori balcanici sotto il potere bizantino all'epoca dei Comneni contribuì a rendere più facile la divulgazione del bogomilismo nelle parti occidentali della Penisola balcanica. La persecuzione organizzata verso la fine del secolo XII dal principe serbo Stefano Nemanja (1168-1196), testimonia che il bogomilismo era già penetrato nei territori serbi e aveva trovato fedeli seguaci. Non più tardi dell'inizio del '200 il si era propagato fra la popolazione della Bosnia, per raggiungere in quei territori uno sviluppo vastissimo ed una persistenza ultrasecolare. Qui addirittura divenne religione di stato e tale rimase sino alla fine del XV secolo quando i Bogomili bosniaci, divenuti sudditi dell’Impero ottomano, preferirono convertirsi all’Islam piuttosto che alle odiate Chiese romana e bizantina che li avevano perseguitati per secoli. Meno documentata ma estremamente probabile fu la successiva divulgazione delle idee bogomile, con tutte le innovazioni dovute alla lunga evoluzione storica verso l'Italia settentrionale e verso la Francia meridionale, dove si propagarono nonostante il diverso contesto socio-culturale e furono identificate dai persecutori col nome di “eresia catara”.
CHI ERANO I CATARI
Scrive Maria Soresina, voci tra le più interessanti per un approccio privo di pregiudizi al catarismo In Italia, e “scopritrice“ del catarismo di Dante Alighieri, espresso in versi clandestini (ma non troppo) lungo le tre cantiche della Divina Commedia:
Fatti oggetto di pesanti persecuzioni, molti Bogomili di Bulgaria e Bisanzio cercarono scampo fuggendo verso l’Italia e la Francia. Così molti studiosi spiegano la nascita del catarismo nell’Europa occidentale, caratterizzato dall’adesione al principio dualistico. Secondo altri invece il catarismo non nacque come propagazione dal bogomilismo, bensì come un risveglio, un desiderio di ricondurre il cristianesimo a una rigorosa semplicità evangelica, esigenza che era ovunque profondamente sentita in quei secoli. Resta il fatto che molte caratteristiche dottrinali erano comuni, e che alcuni testi come la Interrogatio Johannis e la Visio Isaiae, di indubbia origine bulgara, vennero accettati dai Catari e sono oggi presentati come testi catari. A suffragio della tesi della derivazione bulgara vi è il fatto che tra i nomi che in quei tempi venivano dati ai catari vi sono anche alcune varianti della parola «bulgari». Come riferisce Duvernoy, in tutte le lingue europee tali termini hanno presto assunto un’«accezione decisamente peggiorativa: […] bougrerie è diventato sinonimo di sodomia». La stessa origine ha l’italiano «buggerare», che compare proprio nel XIII secolo, mentre nell’occitano tuttora parlato nel Midì e nelle valli del Piemonte occidentale, bougre (bulgaro) ha valore di insulto. Una delle tecniche da sempre e da tutti usate contro i nemici è quella di denigrarli, di demonizzarli, attribuendo loro le azioni più nefande ed esecrabili. Così è stato fatto contro gli ebrei e anche contro i catari.
Ma, sempre con le parole di Maria Soresina, veniamo alla loro storia.
I primi gruppi di eretici che rifiutano la croce, il battesimo e il matrimonio vengono trovati intorno al 1018 in Aquitania, intorno al 1022 a Tolosa. Da allora e per tutto il XII secolo il catarismo poté espandersi abbastanza indisturbato, tanto da raggiungere in alcune zone della Francia del sud percentuali del 30% della popolazione (la studiosa Anne Brenon del Centro di Studi Catari di Carcassonne parla addirittura del 50%). Ad aderire al catarismo furono dapprima le classi alte della società: gli aristocratici, la nascente borghesia, ovvero la parte non solo più potente e ricca, ma anche più colta del mondo di allora. Ed erano soprattutto le donne, per un motivo ben preciso: i Catari (chiamati anche Albigesi dalla città di Albi) avevano un unico sacramento, da loro chiamato “consolamentum”, che consisteva nell’imposizione delle mani con cui scendeva lo Spirito Santo. È questo il rito, attestato da numerosi passi del Nuovo Testamento, che veniva praticato dagli Apostoli. Fra i Catari chi riceveva il “consolamentum”, poteva trasmetterlo: uomo o donna che fosse. In altre parole: una donna poteva trasmettere lo Spirito Santo. Mai nessun’altra religione ha dato tanta eguaglianza alle donne. Questo fu uno dei motivi principali del successo del catarismo: perché le donne raffinate e colte delle corti aristocratiche aderirono con passione a questo cristianesimo che dava loro spazio, che le poneva, dal punto di vista spirituale, sullo stesso livello degli uomini.
I Catari (ma anche i bogomili) si consideravano gli unici depositari dell’originario messaggio evangelico e rivendicavano la diretta successione apostolica, ovvero, si ritenevano i successori, forse, di quella «Chiesa di Giovanni» che esisteva fin dai primordi del cristianesimo accanto alla più organizzata «Chiesa di Pietro». Quest’ultima volle presto essere l’unica Chiesa, la Chiesa universale (cattolica), e non tollerò più divergenze; scese a compromessi con il potere e si allontanò inevitabilmente dal dettato evangelico. Un nucleo di fedeli al Vangelo avrebbe tuttavia continuato a operare, di nascosto, trasmettendo attraverso i secoli la dottrina e i riti originari, in particolare il battesimo tramite l’imposizione delle mani. Chi riceveva lo Spirito Santo lo poteva a sua volta trasmettere, e così, in una catena ininterrotta la prassi e, quel che più conta, lo Spirito Santo sarebbero stati tramandati per secoli dai «buoni cristiani», come loro chiamavano se stessi.
È difficile credere alla possibilità effettiva di una trasmissione clandestina protrattasi per un periodo così lungo (otto - nove secoli), ma è quanto ritenevano i Catari, che «non si stancarono mai di affermare che la loro Chiesa era la vera Chiesa di Dio, quella di Cristo e degli Apostoli in contrapposizione all’usurpatrice Chiesa romana». Di fatto gli studiosi concordano nel ritenere i riti dei Catari sorprendentemente simili a quelli praticati nei primissimi tempi del cristianesimo.
Morte tremenda ebbero i Catari dal momento in cui la Chiesa decise di intervenire: prima con una crociata che durò venti anni (1209-1229), poi con l’Inquisizione che fu istituita nel 1231 allo scopo di contrastare il catarismo. Questa operò non solo in Francia, come la crociata, ma in tutta Europa e per lungo tempo. In Italia si tennero processi contro i Catari ancora per tutto il secolo XV.
La documentazione delle persecuzioni è molto più ricca per quanto riguarda la Francia. Intanto c’è la splendida Chanson de la croisade albigeoise che Simone Weil paragona all’Iliade: è la cronaca di questa crociata che ha distrutto non solo le città, ma la cultura occitana, senza peraltro riuscire a estirpare l’eresia. Poi ci sono i numerosissimi verbali dei processi, processi per i quali fu subito autorizzato l’uso della tortura. In un secolo di processi e di roghi l’Inquisizione riuscì a cancellare i Catari d’Occitania.
Nella Francia meridionale si parlava la lingua d’oc. Fu la primissima espressione letteraria in una lingua che non fosse il latino – perché fino allora gli intellettuali scrivevano in latino – è la poesia dei trovatori fu in lingua d’oc.
I trovatori cantarono un ideale di vita vissuta, un sistema di valori e diedero vita a quella che Denis de Rougemont nel suo bellissimo libro “L’amore e l’occidente” definisce la «raffinatissima civiltà di cui [i catari] erano stati l’anima austera e segreta». Quella terra ridente, in cui nacque la grande poesia dei trovatori, infatti fu la stessa in cui si sviluppò il catarismo.
Per quanto riguarda l’Italia, le prime notizie riguardano i cosiddetti «catari di Monforte». Su questa vicenda esistono due brevi cronache dell’epoca che narrano come, scoperto un gruppo di persone sospette di eresia intorno al castello di Monforte d’Alba, in Piemonte, un loro esponente fu interrogato da Ariberto d’Intimiano, vescovo di Milano. Riconosciuti come eretici, furono condotti a Milano dove, nella zona che ancor oggi si chiama «Monforte» (anche se quasi nessuno sa di questa origine del nome), furono eretti un grande crocifisso e un rogo e fu chiesto loro di scegliere se abiurare la propria fede andando verso il crocifisso, o entrare nel rogo. Le cronache dicono che quasi tutti, a cominciare dalla contessa che pare si chiamasse Berta, entrarono nel rogo. Questo succedeva nell’anno 1031.
Raniero Sacconi, uno dei meglio informati inquisitori domenicani, nella sua Summa de Catharis, scritta intorno al 1250, parla di circa 4000 consolati in Europa in quegli anni, di cui 2500 nell’Italia centro-settentrionale: quasi due terzi. Sono cifre impressionanti, soprattutto se si tiene conto che riguardano soltanto i consolati, che rappresentavano una minima parte degli aderenti al catarismo: il rapporto è più o meno uguale a quello che c’è tra sacerdoti e laici. Sacconi sostiene che a Firenze un terzo della popolazione, particolarmente tra le classi colte e i nobili, aderisse al catarismo. Proprio su Firenze sono state fatte ricerche che hanno portato alla luce i nomi di alcune famiglie che vi aderivano. Tra le più in vista quella dei Cavalcanti e l’illustre famiglia dei Nerli; senza dubbio cataro fu Farinata degli Uberti, personaggio incontrato da Dante tra gli eretici (naturalmente), che, morto nel 1264, fu condannato come eretico nel 1283 e la sua bara bruciata pubblicamente, mentre i beni di figli e nipoti venivano confiscati dal momento che un “crimine” come l’eresia andava punito “non solum in vivos set etiam in mortuos et etiam in heredes”.
Personalmente sono convinta che i poeti del Dolce Stil Novo, compreso Dante, fossero Catari. Dante era eretico, non per aver messo i papi all’Inferno, ma perché la dottrina che espone nella Commedia non è cattolica: è quella dei catari.
(ndr.: “Per chi è abituato a pensare l’Alighieri come il poeta cattolico per eccellenza, la tesi suona ardita, quasi paradossale, ma va riconosciuto all’autrice (Maria Soresina)… un’analisi precisa, puntuale del testo, ove il fine di evidenziare come il catarismo sia una fonte primaria della Commedia - e non solo: si fa riferimento anche al Convivio e alle altre opere del poeta fiorentino – è sostenuto su base rigorosamente filologica e storica… per questo va detto che alcuni cruciali passi delle tre cantiche trovano nell’ambito della dottrina catara una spiegazione più convincente che non in quello tradizionale, di tipo tomista”, scrive Marco Vannini ne l’Osservatore Romano del 1 dicembre 2016).
Significativi sono gli scritti degli inquisitori sul catarismo che ne demonizzano gli adepti ma nel contempo ne attestano la presenza. Così come ne attesta la presenza la lapide che si trova in piazza Mercanti a Milano, che tesse le lodi del podestà di allora Oldrado da Tresseno (circa 1230) e termina con le parole «catharos ut debuit uxit» (i catari, come doveva, bruciò). Mentre a Firenze, a pochi passi da Santa Maria Novella, al centro di una piazzetta una croce in pietra ricorda lo scontro armato avvenuta nel 1244 fra cattolici e catari. I documenti parlano di chiese catare nell’Italia settentrionale a Concorezzo (Milano), Desenzano, Bagnolo-Mantova, Vicenza… Catari sono ricordati ad Andezeno, nel Monferrato - provincia di Torino già a partire dalla fine del ‘200, e, nella stessa provincia, a Chieri e Villastellone, e a Roccavione in provincia di Cuneo; Gattedo in provincia di Como, fu rifugio di Catari protetti dal signore del luogo. Il 19 agosto 1254 vi furono dissepolti e arsi i corpi di due esponenti catari: Nosario e Desiderio…
L’interesse per i Catari, cancellati per secoli, rinacque con l’Illuminismo, ma soprattutto col Romanticismo. Lenau scrisse un fervente poemetto, Gli albigesi (1842), che li vede come precursori della lotta per la libertà politica e spirituale. Furono (ahimé) molto amati dai nazisti (c’è tutta una storia tinta di giallo sul personaggio di Otto Rahn), ma anche dai socialisti: per esempio in un saggio del 1895 Karl Kautsky li considera “precursori del socialismo”, e non è il solo. Nei paesi dell’ex Jugoslavia c’è fin dai tempi di Tito un revival di bogomili; in Italia in alcuni luoghi, in cui è storicamente accertata la presenza dei catari, come Concorezzo (vicino a Milano), Roccavione nel cuneese, si è sviluppato un nuovo interesse per la propria storia… Vi sono poi, sia in Francia sia in Italia, sparuti gruppi e personaggi sedicenti «neo-catari». Non ha senso: Bogomili e Catari sono stati sterminati. Non ci sono più. L’unico modo corretto per omaggiarli è raccontare la loro storia… non dimenticarli.
STRUTTURA DEL FILM DOCUMENTARIO
Il film, la cui durata potrebbe aggirarsi tra i 52 e i 75 minuti, avrà le caratteristiche del documentario storico. La narrazione si avvarrà di una voce fuori campo (voce narrante) e prenderà le mosse dal concilio cataro-bogomilo che si tenne nel 1167 a Saint Felix de Caraman per illustrare le caratteristiche del bogomilismo, i luoghi in cui si diffuse (Bulgaria, Grecia, Serbia, Bosnia) e l’itinerario di divulgazione intrapreso dall’idea spirituale bogomila verso l’Europa occidentale (Italia, Francia, ma anche Boemia, Fiandre, Germania) dove i numerosissimi adepti scelsero di chiamarsi “buoni cristiani” (Catari per i loro persecutori). Nella Francia meridionale, il pensiero cataro incontrò la poesia dei trovatori in lingua d’oc, in Italia i poeti del Dolce Stil Novo e alcuni personaggi delle grandi famiglie fiorentine. Le persecuzioni indussero Catari e Bogomili a ricercare in seno alle comunità ospitalità e rifugio. Verranno messi in evidenza i contatti usuali e permanenti fra i buoni cristiani d’occidente e d’oriente nonostante le distanze e la difficoltà del viaggio, e i rapporti e gli scambi dottrinali. Le vie seguite non ci sono note, possiamo tuttavia ipotizzarle lungo quelle che furono le vie di terra e le rotte per mare nel medioevo, rievocando attraverso le immagini, luoghi, itinerari a piedi, difficoltà, porti, città.
I materiali con cui il film verrà composto saranno:
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interviste ad esperti (storici, ricercatori, archeologi) in Bulgaria, Bosnia, Italia e Francia;
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riprese cinematografiche di luoghi e paesaggi che evocano la storia bogomila e catara. Per i Bogomili: in Bulgaria a Veliko Tarnovo, Sofia, Monastero di Rila; in Turchia a Costantinopoli; in Bosnia le località e i musei in cui sono conservate le lapidi (stecci) attribuite al periodo bogomilo. Per i Catari, alcune località citate, sia in Francia sia in Italia, che conservano memoria della presenza catara: il castello di Montsegur, quello di Saint Felix de Caraman, altri castelli detti catari nel Midì francese, e Milano, Firenze, Desenzano, Monforte in Italia…;
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Riprese cinematografiche di luoghi e ambienti che sappiano evocare gli itinerari seguiti dai Bogomili e dai Catari per raggiungere gli uni le sedi degli altri o le comunità rifugio;
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Archivi cinematografici di film a soggetto ispirati alle vicende catare e bogomile;
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riproduzione di carte geografiche, iscrizioni su pietra, manoscritti, documenti attestanti la presenza catara e bogomila, processi ai Catari e ai Bogomili, ipotetici ritratti dei protagonisti, illustrazioni, stampe, dipinti relativi alle persecuzioni subite.
Per questa primissima fase, la ricerca sul tema proposto dal film documentario è stata approfondita sui testi e attraverso colloqui con le seguenti personalità, che hanno dato la loro disponibilità a proseguire nella collaborazione:
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(per i Bogomili) la prof.ssa Axinia Dzurova, già allieva di Ivan Dujcev ed ex direttrice del Centro Studi di Sofia a lui intitolato, e gli studiosi della sua équipe;
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(per i Catari in Italia) Maria Soresina, autrice di “Libertà va cercando – Il catarismo nella Commedia di Dante”, Moretti & Vitali, 2009; Giovanni Filoramo, prof. ordinario Università di Torino di Storia del Cristianesimo e delle Chiese; Grado G. Merlo, prof. ordinario Università di Milano di Storia medievale e dei movimenti ereticali;
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(per i Catari in Francia) Anne Brenon con i collaboratori del Centro di Studi catari René Nelli di Carcassonne e i redattori della rivista Heresis.
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CURRICULA
Fredo Valla (n. 1948)
Documentarista e sceneggiatore.
Si è formato con Toni Di Gregorio e Mario Brenta a Ipotesi Cinema, scuola diretta da Ermanno Olmi.
Dal 2005 al 2014, realizza per Pupi Avati numerose serie televisive trasmesse da Tv2000. Ha scritto con Giorgio Diritti i film lungometraggi "Il vento fa il suo giro" e "Un giorno devi andare" (Sundance 2013). Nel 2008, è nominato al David di Donatello nella categoria migliore sceneggiatura. Tra i lavori recenti (2015) "Più in alto delle nuvole / Plus haut que les nuages - l'histoire de Géo Chávez, aviateur ", prodotto da GraffitiDoc e Les Films du Tambour de Soie.
E’ co-fondatore di "L'Aura - scuola di cinema di Ostana"
Sito web: www.fredovalla.it
Filmografia parziale
2017 – (in preparazione) – “Il viaggiatore smarrito” co-realizzazione con Martine Deyres, 52’, Prod. Okta Film con Les Films du Tambour de Soie.
(in preparazione) - “Disobbedienti alla Guerra – disertori, ammutinamenti, rivolte, fucilazioni sommarie nel primo conflitto mondiale”, 52’, Prod. Nefertiti Film.
2015 - “Più alto delle nuvole / Plus haut que les nuages”, 52’. Prod. Graffitidoc (Torino) et Les Films du Tambour de Soie (Marseille) - Bansko FilmFestival, Trieste FilmFestival, Filmfestival Lessinia.
2013 - “Un giorno devi andare”, 109’ film lungometraggio, soggetto e sceneggiatura con Giorgio Diritti. Prod. AranciaFilm, Lumière & Co. Groupe Deux Interpreti: Jasmine Trinca, Anne Alvaro, Pia Engleberth, Sonia Gessner, Amanda Fonseca Galvão, Paulo De Souza - Sundance 2013.
2011 - “Sono gli uomini che rendono le terre vive e care”, regia, Beta SP, 30’, Prod. Arialpina - Valsusa Film Fest 2011 (1° premio), Trento Filmfestival 2011, Religion Today Filmfestival 2011.
2009/2010 - “Feste storiche italiane”, 52’ - serie televisiva nove puntate Prod. Duea - Pupi Avati, TV 2000.
2009 - “Medusa storie di uomini sul fondo”, 60’. Prod. Maxman/Arealpina - Film Festival Trieste 2009, Future Film Festival Village Bologna 2008, Beldocs Belgrado 2009 (Serbia), DocFilmFest 16° Premio Libero Bizzarri 2009 San Benedetto del Tronto, 9° Italian Film Festival Rovigno/Rovinj (Croazia).
“Medusa storie di uomini sul fondo” (cortometraggio di animazione - 10’), regia con Francesco Vecchi - AthensAnimFest 2009 sezione Panorama, 17th International Festival of Short Films and New Images Arcipelago Roma 2009, Interfilm Berlin Imaginale – New Italian Shorts 2009.
2008 - Gli stati del welfare – Gran Bretagna", 55’ serie televisiva due puntate Prod. Duea - Pupi Avati. TV 2000.
2007 - "Il vento fa il suo giro", soggetto e sceneggiatura con Giorgio Diritti. Prod. AranciaFilm - Festival Cinema Italiano Annecy, Film Meeting Bergamo, Filmfestival Lisbona, Londra ecc. Candidato con 5 nominations al David di Donatello 2008, 1° Premio sceneggiatura Filmfestival di Trento 2002, Premio sceneggiatura opera prima Premio Amidei Gorizia 2008.
2005 - "La strada dei capelli", 20’ Prod. Museo dei raccoglitori di capelli, Elva (Cuneo). – Filmfestival Lessinia 2006; Giornate del Cinema italiano 2007 - Rovigno (Croazia), Novi Sad e Indjija (Serbia); Premio Libero Bizzarri “Always doc on the road” San Benedetto del Tronto 2008; Festival Malescorto 2006 (Menzione speciale), Valsusa Filmfest 2007 (2° premio). Riace Infestival 2009 (1° Premio sezione “culture materiali”).
"A est di dove?”, serie televisiva di undici puntate (55 ́) in Bulgaria e Macedonia Prod. Duea - Pupi Avati, Prod. Duea, 2005. TV 2000
2002 - "Novalesa una storia d ́inverno", 38’ Prod. Provincia di Torino / Pubbliviva - Filmfestival del Documentario del Mediterraneo, Paestum 2005; 6° International Mountain Film Festival in Bansko (Bulgaria) 2006 - RAI, sede regionale Valle d ́Aosta. Cerro d ́Argento Premio Provincia di Verona - Filmfestival Lessinia 2004.
1996 - “Valades Ousitanes”, 100’ Prod. Ousitanio Vivo Film RAI, sede regionale Valle d’Aosta, sede regionale Trentino Alto Adige - 1° Premio ex-aequo Festival del Documentario Italiano - Premio Libero Bizzarri, San Benedetto del Tronto 1997.
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