Tra passione, progettualità, sogni e leggende si rievoca la vita passata e si riflette sul futuro della borgata Campofei del comune di Castelmagno con Corrado Nyffenegger.
La borgata Campofei, sita su uno strapiombo a 1489 metri s.l.m., deve il suo nome alla presença di numerosi faggi poiché letteralmente significherebbe campo dei faggi, ipotesi che trova conferma in un documento del 1700, in cui si riferisce ad essa come al "bosco del fei". Ma non mancano altre ipotesi che fanno derivare il vocabolo fei dal fatum latino o dal faith celtico, indicando con questi un luogo abitato da donne veggenti. Non a caso, il fei della borgata in questione è sovrapponibile ai vocaboli fai e feie che si ritrovano in toponimi composti dall'appennino ligure sino alla valle di Susa, curiosamente in luoghi dove vi sono sempre incisioni rupestri.
La misteriosità del luogo continua nelle leggende locali, nelle quali si deve al diavolo e alla sua opera malefica la presenza di una spaccatura naturale nella roccia a strapiombo, conosciuta come "bercia del diau" e visibile da Campofei.
La borgata, abitata stabilmente sin da Medioevo, ha subito come tutte l'abbandono repentino durante gli anni del boom economico. Le case, non più abitate, sono attualmente ormai dei ruderi, che custodiscono però gelosamente le tracce di quella vita esemplificate negli oggetti, abiti e ricordi lasciati lì dagli abitanti di allora, come a volersi svestire di quel mondo "vinto", per segnare un nuovo inizio con il sogno del fondovalle e della fabbrica.
Quel mondo, che ci viene consegnato sotto forma di rovina, conserva tutta la sua grandezza, nello spettacolo delle forme architettoniche, della sapienza costruttiva e della cura nei dettagli: angoli smussati per agevolare i muli col basto nei vicoli stretti, tetti in segale, stalle per il ricovero perenne del bestiame. Prima di tutto: la sopravvivenza. Che diveniva tuttavia "arte del vivere", con oggetti e manufatti che sono vere e proprie forme artistiche, di un'arte popolare che ha ora pieno diritto di essere riconosciuta.
Ed è dall'ammirazione verso queste espressioni umane che nel 2009 quattro amici di diversa professione, tutti provenienti dalla pianura cuneese, intraprendono l'avventura del recupero di Campofei; tra questi Corrado, da sempre legato all'adiacente Valle Maira per motivi affettivi e professionali, il quale non ha dubbi: sarà qui che vorrà rivedere una montagna viva.
In cinque anni: una società agricola semplice e un cantiere in movimento, sotto la direzione di Daniele Regis e del suo gruppo di architetti del Politecnico di Torino, già ideatori della rinascita architettonica della borgata Paraloup di Rittana, in Valle Stura.
I sogni di Corrado e dei suoi soci non sono supportati da programmi pubblici, come nella vicina Valliera – borgata inserita nella misura 322 del PSR 2007-2013 della Regione Piemonte e dove ad oggi si vedono i notevoli sviluppi dell'intervento che fanno ben sperare a una rinascita globale e a sinergie future – ma non per questo vogliono fermarsi alla mera urgenza di recuperare ciò che resta del costruito esistente.
Essi desiderano ricreare un luogo vivo dove da un lato si vada incontro ai giovani mediante nuove microeconomie che possono trasformarsi in lavori permanenti, dall'altro si offra ai forestieri la possibilità di ammirare la storia e l'arte locale e allo stesso tempo godere della cultura enogastronomica piemontese.
In primis, quindi, il Castelmagno, re indiscusso della tavola locale, per il quale si è da poco conclusa la ristrutturazione della stalla che verrà adibita a sala di stagionatura, ma la cui produzione è già affidata alla giovane casara Ilaria, che lavora nel caseificio sito in Valliera producendo l'Unico di Valliera, alla quale Campofei fornisce il latte d'alpeggio proveniente dalle vacche che nella stagione estiva pascolano sui numerosi prati della borgata.
Alcuni sogni stanno quindi stanno divenendo realtà piano a piano. Un altro tassello sarà l'apertura, stimata per il prossimo anno, dell'agriturismo, collocato in un edificio di 303 anni, dove l'intervento si è posto come il più conservativo possibile, grazie ad un lavoro filologico sui materiali e al recupero in loco di quelli possibili, constatabile anche in altri edifici nell'uso della losa scura, la cui produzione potrebbe ritornare ad essere a km 0 grazie alla riapertura di una cava, ma anche di sperimentazione, utilizzando le moderne soluzioni architettoniche per il risparmio energetico, come nella coibentazione interna in legno delle abitazioni.
Nel mentre, lo scorso 19 luglio si sono dati appuntamento gli studenti di architettura per presentare una mostra sui propri elaborati sviluppati in un atelier sul recupero dell'esistente: le idee progettuali non mancano e confermano l'idea di Campofei quale laboratorio per ripensare un futuro in montagna.
Fin dall'inizio cosa ha colpito Corrado è stata la bellezza del luogo e della cultura che l'ha animato per secoli; l'aspirazione maggiore di tutti e quattro gli amici è che qui venga gente che sappia coglierla e rispettarla, non quindi un turismo d'élite ma un turismo colto, che comprenda anche la fatica odierna del lavoro intrapreso.
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