Rosanna è originaria di Usseglio, nella Valle di Viù. Di lingua madre francoprovenzale, è appassionata di lingue, le ama e ne ha fatto una professione insegnandole nelle scuole, trasmettendo la stessa passione ai propri allievi. Rosanna è una persona speciale che stimo ed è una cara amica. Altruista, generosa, cordiale e sorridente è impegnata in numerose attività culturali e sportive, si dedica molto alla vita associativa del proprio paese ed è inoltre sportellista per il francoprovenzale. Segue infatti alcuni progetti in collaborazione con la Chambra d'Òc per la diffusione e salvaguardia delle lingue minoritarie, tra cui anche l'insegnamento della propria lingua madre. Accolgo con grande piacere in questa rubrica la sua voce e il suo pensiero che con intensità testimoniano a Usseglio la presenza di quell'anello forte che molte volte è determinante nel mantenimento e nello sviluppo di una cultura ma che troppo spesso non viene riconosciuta.
Traduzione della registrazione:
Io ho sempre sentito... una cosa che sentivo ma non sapevo spiegarmi: la musica porta avanti, aiuta a imparare la lingua. Perché la lingua, sicuramente, è una sorta di musica. Qualcuno ha deciso che le parole sono così, che la pianta si chiama pianta e tu sopra questa pianta fai una musica che ti può piacere o no, dipende da te come la presenti. Però il lavoro che faccio è tirare fuori cose vecchie e farne venire fuori di nuove.
Allora, tutte le lingue hanno... come dire, sentono il passaggio di eserciti, di operai, delle genti che vanno e che vengono, i commerci, eccetera. E anche i soldati, quando si spostano, portano qualcosa del loro modo di parlare in giro per il mondo. E adesso vorrei raccontare una storia che riguarda mio padre. Mia madre ha conosciuto mio padre nel Quaranta. Mio padre era di Sondrio, dunque ha preso il treno da Sondrio a Milano, da Milano a Torino. A Torino l'hanno messo sulla corriera fino a Lanzo. E perché, perché lui invece di andare al distretto militare il sabato, come era scritto sulla cartolina, era il Trentanove e l'Italia si preparava alla guerra, ma non era ancora in guerra, mio padre si presenta il lunedì, bello come... era un bell'uomo mio padre, e gli dicono: «Potevi essere un artigliere alpino, ti sbattiamo nella GAF per punizione». L'hanno messo nella GAF mentre avrebbe potuto andare negli alpini e fare l'artigliere alpino e qualche giorno dopo sarebbe partito per la Russia. E così per presentarsi due giorni in ritardo ha perso il passaggio per la Russia, dove tutti i suoi amici sono stati e non sono più tornati indietro. E allora mio padre per punizione lo mettono nella GAF e lui in silenzio accetta quello che gli dicono: «Chissà cosa sarà la GAF». Non poteva saperlo perché la GAF è stata istituita proprio in quegli anni e sarebbe “Guardia Alla Frontiera”, prima non esisteva. L'hanno vestito come gli alpini, gli hanno messo il cappello come gli alpini ma senza la piuma. E questo era come un'onta, era qualcosa di meno degli alpini. Così mio padre arriva a Usseglio e nel Quaranta arriva la guerra e lo lasciano lì dov'era perché era praticamente già sul posto. Il nemico non l'hanno mai visto però hanno sempre fatto delle esercitazioni. E d'estate cosa facevano, andavano a aiutare le donne che facevano il fieno. Erano molto simpatici i soldati perché andavano volentieri a girare il fieno, dove c'erano delle belle ragazze. Così ha conosciuto mia madre e com'è o come non è quando io sono diventata grande dicevo: «Ma io non so come ha fatto mia madre, che era di Usseglio, a mettersi con uno che veniva da Milano». Perché è stata veramente coraggiosa, una volta erano tutti forestieri, sono ancora oggi forestieri quelli che vengono da sotto. E quindi è stata una che si è sposata con un forestiero. Dopo sembra che questo è diventato di moda perché quando c'era la Finanza su al Virrat [Villaretto, frazione di Usseglio] ci sono state altre ragazze che hanno sposato forestieri.
Testimonianza di: Rosanna Moroni (1951), Usseglio 02/2020
Viralità perché mentre scrivo un intero paese, un'intera nazione è in quarantena per cercare di limitare, attutire gli effetti di una grave pandemia (la pandemia di COVID-19, acronimo dell'inglese COronaVIrus Disease 19, causata dal virus denominato SARS-CoV-2). Almeno così i comunicati ufficiali. Di certo si tratta di un evento storico di cui si avrà lunga memoria e probabili differenti opinioni e interpretazioni. In questo contesto, a parte la contemporaneità dell'avvenimento, ciò che è affine è il concetto di movimento e del relativo cambiamento, il condizionamento del movimento, il concetto di trasformazione, di mutazione e quindi di contaminazione. Ritornano in questi scritti dei termini, dei concetti che rappresentano significati che sono evidentemente parte di questo mondo culturale e mezzi interpretativi per offrire maggiori possibilità di veduta su questi splendidi panorami.
Viralità è un neologismo e ciò che veicola, in questo caso, è assonante all'opera della nostra testimone: «tirare fuori cose vecchie e farne venire fuori di nuove» che è a sua volta buona parte dell'intenzione di questa rubrica e sicuramente una delle vie migliori per proseguire la cultura che si racconta in questi scritti. Viralità è anche propagazione di cultura, di conoscenza. Della sua origine etimologica con il termine latino vīrus mantiene soprattutto il significato connesso alla rapida trasmissione, al diffondere, in un'accezione per lo più positiva. Anche il significato negativo odierno di virus non è così antico, per quanto risalga probabilmente al XVI secolo utilizzato da un chirurgo francese per indicare il pus di una piaga contagiosa e corrosiva. In origine vīrus era il succo delle piante, per poi passare all'umore e ancora al veleno degli animali. Il nostro concetto di viralità, anche in riferimento al venire e all'andare delle genti, vede una affinità di suono e di significato con “virare”. Virare deriva dal francese virer e indica un cambiamento di direzione, un virare appunto, che è anche un cambiamento di idea o un far girare qualcosa. Virare significa anche cambiare colore, passare da un colore all'altro, da cui viraggio. Il cambiare colore ha anche un'accezione metaforica che trasmuta il colore in umore in modo tale che il cambiamento dei colori corrisponde a un cambiamento emotivo. E ancora è interessante e per noi pertinente conoscere che il francese virer abbia una probabile origine dal latino vibrāre, e si aprono così porte percettive e connessioni all'infinito.
Da questo grande albero del linguaggio e delle lingue di cui la nostra testimone accenna si percepisce la grande musicalità. Un'orchestra di significati o una foresta di simboli, un mondo curioso da conoscere o qualcosa di scontato e banale, dipende dal soggetto, “dipende da te” come dice l'esperienza della nostra testimone.
La nostra testimone ci racconta una storia, quasi chiedendo il permesso utilizzano il condizionale, eppure regala sogni, regala idee. Genti che vanno e genti che vengono, un movimento costante che ha condizionato e condiziona le culture che a sua volta condizionano le genti che vanno e che vengono. Di questo movimento è artefice molte volte il caso, cantato, narrato, disegnato, inciso dalla cultura popolare, sotto diverse sembianze, ma con la stessa intenzione: rappresentarne il grande e imprevedibile potere, che ritorna e si rinnova nei sentieri tracciati da queste testimonianze. La nostra testimone ci racconta anche la storia di un ragazzo che per un caso non finisce la sua giovane vita in un gelido terreno di guerra ma la sua strada cambia improvvisamente direzione e questo movimento influenza gli umori di una giovane donna mentre gira il fieno in un rapporto trasformativo reciproco. Un movimento che è cambiamento di colori, crea influenza e propaga conoscenza anche solo considerando che il forestiero non è più lo sconosciuto da temere ma un bel giovane da amare.
Didascalia della foto:
Fotografia: Flavio Giacchero.
enfestar (1996)
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