Aldo è il maestro della Banda musicale di Cantoira ma è anche molto altro. Di lui colpisce una grande umiltà, una grande predisposizione alla compagnia e alla condivisione, una intensa sensibilità. È maestro di banda ma partecipa anche negli insiemi strumentali locali da ballo. In queste Valli infatti c'è molta trasversalità tra bande musicali e gruppi strumentali tradizionali da ballo. Sebbene le origini storiche delle due tradizioni siano ben differenti, chi suona può appartenere a entrambe le formazioni e le dinamiche sociali, in queste comunità, sono praticamente le stesse.
Traduzione della registrazione:
Per me la musica ha un grande valore, anche nella mia vita perché è un modo un po' di svago, così, di rilassamento che dona anche a me, di amicizia che mi trovo con tutti e anche quando vado che sento suonare altre musiche, così, dentro di me... la vivo proprio dentro di me, mi da proprio... non so neanch'io spiegarmi come, sento suonare una musica e la interpreto lì dentro di me a mio modo che è proprio una roba che mi tocca dentro, nel mio interno, nel mio interno così, che mi fa quest'effetto qui, ecco! E dentro di me la musica mi fa proprio una sensazione che è difficile da spiegare.
Io ho incominciato a suonare così, quasi per ridere. Quando ero bambino c'era mio padre che mi diceva sempre: «Sarei contento se imparassi a suonare perché a me da giovane sarebbe piaciuto però erano altri tempi e noi andavamo in alpeggio e tutto quello e non c'era tempo e così sarei contento se tu imparassi a suonare». E me l'ha detto diverse volte e io non avevo neanche tanta voglia però a me la musica piaceva, nelle feste così, però non avevo voglia di mettermi lì a suonare. E dopo lui, a forza di dirmelo, un giorno ho detto: «Ma sì, vado a imparare a suonare così non mi stufi più, mi lasci perdere che vedi che non imparo e così non mi dici più niente». E allora sono andato qui a Cantoira, c'era il maestro che ci insegnava, che ha insegnato a tutti in quei tempi, era Olivetti Michele piccolo, tirava su tutti gli allievi, tutti gli strumenti, li impostava su così, senza che avesse studiato tanto, però aveva la conoscenza di tutti gli strumenti, così e insegnava il solfeggio e avanti... E allora sono andato da lui che insegnava là nella sua stalla e ho incominciato a novembre del 1981 . E a scuola di musica, lì Olivetti Michele piccolo, non faceva lui da maestro, lui tirava su gli allievi poi invece a scuola di musica ce n'era un altro.
Dopo sono andato avanti fino all'88 che il maestro lì, Tonino, si è ammalato, si è ammalato e dovevamo trovarci a scuola di musica, era la fine di aprile, per fare la prova per il primo maggio che è la festa patronale a Chialamberto e allora siamo andati a scuola di musica e mancava il maestro che non stava bene. E allora avevamo da provare, fare le nostre prove e così qualcuno ha detto: «Aldo dai tu il via no, così...» e io l'ho fatto quasi anche un po' per ridere, non pensavo assolutamente di farlo per tanti anni. E allora dopo ho iniziato a dare il via così. Dopo io pensavo che al primo maggio il maestro ci fosse stato perché non pensavo fosse così malato ma il primo maggio non è venuto e allora ho incominciato a fare quel servizio lì con la banda a dare il via, a fare il capo banda così. E dopo il maestro è andato all'ospedale e non è più tornato a suonare nella musica perché non stava più bene. E dall'ora ho sempre continuato io, così per ridere. E ora sono venticinque anni che faccio il capo banda così. Però con tutti i musicanti mi trovo bene, ho sempre avuto un ottimo rapporto di amicizia […].
Testimonianza di: Aldo Berta (1966), Cantoira, 06/2013
La musica come elemento che comporta dei benefici all'individuo nella propria singolarità, all'individuo inserito nella propria comunità e alla comunità stessa intesa come un insieme di persone che condividono una cultura. La musica che provoca degli effetti, trasforma, modifica il paesaggio interiore. La musica che “tocca”, si fa fisica, ha una forza che smuove e tale movimento interno innesca reazioni, sensazioni difficilmente esplicabili. Semplicemente qualcosa accade e attiva in altro modo i sensi, modifica lo stato di coscienza, qualcosa che fa vivere un'esperienza altra dal quotidiano. Un'esperienza sensibile che, per quanto indeterminata, complessa da descrivere verbalmente, comporta comunque una presa di coscienza che si manifesta attraverso una forma di percezione e intuizione.
È da “dentro” che la musica agisce scaturendo effetti anche fisici esterni, “uscendo” dal corpo. Come racconta il nostro testimone tali suoni, tale musica vanno interpretati, codificati, compresi. Un suono che si esplicita all'interno e dall'interno lo si interpreta. Si tratta evidentemente di un “suonare dentro”. Non c'è un termine specifico che rappresenti questo concetto ma si potrebbe utilizzare il latino insonāre: suonare dentro. Il termine può indicare l'azione di emettere fiato dentro un oggetto per produrre suono oppure può significare “risuonare”, inteso come avere un suono dentro, essere attraversato dal suono, entrare in risonanza. Con un semplice passaggio semantico, un suono, una musica, possono mettere in vibrazione un soggetto, connettendolo o meglio sintonizzandolo a qualcos'altro. Una musica dunque che modifica lo stato di coscienza nel momento in cui la si percepisce dall'interno, un suono che necessita “traduzione”, “interpretazione”, qualcosa che entra in un modo ed esce in altra forma, un suono che risuona e mette in risonanza. Qualcosa che vibra. Questa musica, all'interno del proprio contesto culturale, ha sicuramente un grande valore ma anche un grande potere. Smuove animi, risveglia coscienze, influenza percorsi esistenziali. Il nostro testimone con la musica ha trovato un ruolo sociale anche se tutto accade quasi per caso. C'è forse un antico legame tra la casualità degli eventi e il flusso musicale in cui, in questa tradizione, ricopre una certa importanza la pratica dell'improvvisazione, sebbene su schemi prestabiliti. Non è probabilmente una forzatura intravedere delle similitudini, delle connessioni, tra struttura sociale e struttura musicale.
La narrazione, il racconto, sono alla base della società, elementi fondanti. Il racconto di storie, aneddoti, vissuti è particolarmente vivo in queste tre Valli. In genere è un racconto che ha qualcosa del mito, in un tempo per lo più indeterminato e frequentemente con sfumature ironiche. Si tratta di un contesto di tradizione orale in cui l'idioma utilizzato all'interno del gruppo sociale, la lingua madre francoprovenzale, è caratterizzato da una struttura particolarmente formulare. Ritornano così similitudini, analogie tra formularità della narrazione, del canto, della musica strumentale. Una formularità mobile in cui vi è possibilità di improvvisazione, di personalizzazione, all'interno di una struttura precisa. Ma un elemento costante è anche il caso. Il caso come possibilità, il caso come accettazione di un ruolo. Un ruolo, necessario all'interno di una struttura sociale, che permette un riconoscimento, da parte degli altri, da parte di se stessi. Un ruolo che può dunque essere stabilito dal caso ma che poi permette mobilità e all'interno di una struttura apparentemente rigida, quasi per paradosso, permette libertà.
Didascalia della foto:
Fotografia: Flavio Giacchero.
Tarocchi (1993)
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