In questo numero della rubrica l'audio è corale. Più persone raccontano all'interno di un paesaggio sonoro che è quello festivo in occasione della Madonna della Neve che si svolge in agosto nella frazione Vrù di Cantoira. Qui si trova un incredibile presepe meccanico pensato e realizzato da un personaggio locale, Cichìn (Francesco Berta, 1924-2001), anche suonatore di fisarmonica. Presepe che continua a mantenere funzionante la famiglia Berta e in particolare il figlio di Cichìn, Giovanni, con aggiunte di scene e personaggi. Un mondo meccanico e rappresentazione del reale che si estende anche in altri luoghi della frazione: miniature di edifici noti e storici e altri automi di dimensioni naturali, come un vigile urbano che segnala direzioni muovendosi nell'aria o due ballerini che roteano danzando un'immaginaria courenta , la danza tradizionale più rappresentativa delle Valli, al movimento di una giostra azionata dall'acqua e montata sopra una roccia davanti al bosco. Le nostre voci sono quelle di Fabio Giacoletto, Carla Cavatore e Marina Berta, figlia di Cichìn. Tutti attivi partecipanti alle tradizioni locali e legati ai suoni e alla musica del territorio. Ma, ancora, la voce di sottofondo del figlio di Cichìn impegnato nel condurre l'incanto, una sorta di asta pubblica con delle specifiche sonorità e formule verbali. L'idea è di accompagnare dentro questo mondo attraverso il paesaggio sonoro. Una festa, un parlato corale, un vociare festoso e comunitario. Da questo mondo sonoro vivo e pulsante si passa, nella traccia audio, a un mondo sonoro altro, sorta di trasposizione del reale, una dimensione metareale in cui avviene una trasmutazione del suono. E' la musicalità di un paesaggio meccanico: ingranaggi, fili, leve che da sotto un grande tavolo muovono figure e scene naturali della superficie. Il tutto azionato da un vecchio motore di lavatrice. C'è qualcosa di straordinario, poetico e filosofico. Una rappresentazione realistica ma anche metafora di un mondo conosciuto e vissuto, messo in movimento da un motore.
Traduzione della registrazione:
-Adesso andiamo a vedere il presepe di Cichìn di Vrù che è uno dei più belli e conosciuti delle vallate. Lo ha fatto lui da solo, ha costruito i marchingegni, i personaggi. Ha sempre avuto una grande fantasia e una grande manualità. Adesso suo figlio, che è quello che fa l'incanto, ha aggiunto negli ultimi anni qualche personaggio e lo ha sempre tenuto aperto da poterlo fare vedere e restaurato i macchinari che non andavano più. Andiamo a vederlo allora, forza!
-Il presepe di Vrù so che funziona con un motore di una lavatrice. Questa cosa mi è rimasta impressa che quando vedo girare la lavatrice mi viene in mente il presepe che si muove tutto grazie a questo motorino di una lavatrice vecchia oltretutto, non una lavatrice normale ma una lavatrice di una volta...
-E' nato quando noi eravamo bambini questo presepe qui. Lo ha fatto mio padre allora... lui è sempre stato appassionato dei presepi. Andava giù a vedere i presepi che c'erano a Torino allora, in via Po, e poi diceva: “e se facessimo qualcosa per i bambini ma qualcosa che si muove”. E allora si è messo lì. Subito ha fatto il nucleo della capanna e dopo, pian pianino, tutti gli anni, ha sempre aggiunto qualcosa. Da notare che subito c'era un motore, un motorino che poi si è rotto. Poi ha messo un motorino di una lavatrice e comunque tutto il presepe con pezzi di recupero, con pezzi di recupero e con tanta passione, cosa che aveva lui, e tanta creatività perché sinceramente... poi lui ricercava proprio il particolare del movimento non meccanico, il movimento proprio. E cercava di farsi... si faceva le pulegge lui da solo con il tornio per fare proprio i movimenti più naturali possibili. Se andate più su alla baita più su che abbiamo, voi che parlate di musica, nel contesto musicale, ci sono due ballerini che con l'acqua fa girare la giostra, anche l'acqua è musica no? E la giostra, i ballerini ballano la courenda, alla nostra maniera. Ora andiamo tutti in piazza con i priori e balliamo le courende, le courende tradizionali di qua, della nostra frazione... e siete tutti invitati a ballare!
Testimonianze di: Fabio Giacoletto (1982), Carla Cavatore (1959), Marina Berta (1958), Cantoira, Vrù, 2012.
Un presepe è innanzitutto un delimitare, un circondare con un riparo di piante, dei rami intorno a qualcosa. Dal latino praesāepe, composto da prae, innanzi, e saepīre, cingere, circondare con una siepe, sāepes, che è affine alla nozione di luogo. Un recinto chiuso dove custodire animali, da cui anche mangiatoia, stalla. Ma anche una quantità di persone o cose, disposte in modo da formare un riparo, oppure un ostacolo. Delimitare un mondo noto e anche proteggerlo. Rappresentarlo per poterlo anche vedere. Tirare fuori qualcosa che è dentro, dare a ciò movimento, vita. Ma è necessario cercare il movimento giusto, un movimento particolare che non sia sinonimo di meccanica ma che abbia le proprietà del fluido esistenziale, per riconoscersi.
Creare qualcosa che si possa vedere e percepire insieme. Qualcosa di cui si cerca un determinato movimento, che sia animato e che quindi, come in musica, abbia un certo andamento, più allegro. Animare è anche un trasfigurare artisticamente, un oltrepassare l'aspetto, una sorta di metamorfosi del mondo reale conosciuto. Ma è necessario anche che tale mondo sia ri-conosciuto, si mantenga. Una verosimiglianza attraverso la plasticità delle forme e la ricerca del movimento giusto. Una trasposizione di sguardi, gesti, abiti e azioni dal proprio mondo conosciuto a un mondo meccanico, ricostruito con materiali di scarto, recuperati da quel mondo. Un'animazione che è un dar vita, una sorta di anima, un soffio, l'aria. Da cui uno stato d'animo, sentimento, una inclinazione a un certo modo di porsi e percepire le cose, il mondo.
Mettere le cose in movimento è anche uno spostarle senza che si allontanino, uno spostarsi e un ritornare costante attraverso un ritmo, una musica. Ma muovere, dal lat. movēre, è anche inteso in senso morale e diventa un commuovere, un movēre ănimos. Un muovere attraverso qualcosa, un porre in movimento per suscitare compartecipazione affettiva, ma anche per immaginare e immaginarla.
Il soffio, l'aria, l'acqua, ritorna il richiamo a qualcosa di fluido. Una “sostanza” che attraversa generazioni e permette con il suono, reale o immaginario, un movimento. Le culture non sono mai ferme ma si muovono e si muovono in una sorta di armonia, altrimenti naufragano.
Lo stesso fluido che aziona, passando per canali e tubi, il muoversi di una vecchia giostra montata su una roccia sulla quale due automi, ballerini, si tengono per mano e girano ballando la loro danza, davanti a un grande bosco.
Per mezzo di simboli questa gente comunica e, come chiude l'intervista, invita ad entrare nel proprio universo. Si tratta di apprendere, dunque, anche mediante il sentimento, per potere attraversare mondi, con rispetto.
Fotografia: Flavio Giacchero.
Saepīre (2014).
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